Torino. Anni Settanta. Più precisamente tra il Settantatré è e il Settantaquattro. Guido è un giovane di campagna trasferitosi in città con la classica scusa dell'Università, e questo avviene tutt'ora, ma che di studio non parla più come non parla di lavoro. Un giovane scapestrato si potrebbe dire che in realtà non fa nulla di male se non vivere nel "fancazzismo" più spudorato: caffè e chiacchiere al bar Esperia; qualche incontro e scontro con Lidia, compagna di un tempo; qualche spicciolo guadagnato qua e là. Non per questo Guido manca di valori, idee ed affetti: la famiglia, Lidia, gli amici e i conoscenti del bar, in cui spesso si disperde in filosofeggianti discorsi sulle verità della vita.
Uno stile di vita, in fondo, che si è perso nei tempi, fortunatamente o purtroppo. Perchè Torino era una città che viveva intorno alla Fiat e a poco altro; una città che alle undici dormiva profondamente; una città in parte diversa da oggi ma che in parte risentiva di una stessa crisi tutt'ora riscontrabile.
Sullo sfondo cittadino appare la figura di Guido, talvolta nostalgico del tempo passato, talvolta critico verso lo stesso, eppure sempre portatore sano di un velato romanticismo nei confronti della vita stessa. Guido non è infelice della sua vita, anzi, e tanto meno è succube di una realtà indesiderata; Guido sa sognare, sa inventarsi la vita e le giornate, e proprio quando anche lui deciderà di "mettere la testa a posto" trovando un lavoro onesto rimarrà vittima del raggiro di altri.
Un romanzo prezioso, oserei definirlo, capace di trasportare il lettore nel contesto narrato e di lasciarlo, al termine, nostalgico e con un amico come Guido in più. Un romanzo da leggere obbligatoriamente
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